Nonostante siano ormai trascorsi quasi quindici anni, ricordo ancora il primo progetto di traduzione a cui ho lavorato, quello da cui tutto ha avuto inizio. Centinaia di pagine di linee guida su come testare la solidità di complementi d’arredo di lusso con macchinari sofisticatissimi. Ricordo bene l’incredulità, l’entusiasmo, l’apprensione, l’euforia di quel momento. Riesco quasi a vedermi seduta a quella scrivania, con la testa piena di domande e le mani impazienti di iniziare a scrivere.
Sapevo esattamente perché mi trovavo lì: per anni lo avevo desiderato con tutta me stessa e mi ero costruita un sentiero che, per quanto tortuoso e dissestato, mi aveva condotta proprio dove volevo essere. Quel primo progetto ha gettato le basi per ciò che sarebbe venuto dopo: l’attenzione, la cura, la concentrazione, la ricerca, la predisposizione a fare i conti con la complessità e trasformarla in qualcosa di più malleabile.
Attraverso il mio lavoro ho imparato a conoscermi meglio, a definirmi e assumere contorni sempre più nitidi. Ho trasferito i miei valori ai testi che ho tradotto e alle parole che ho scritto, mi sono lasciata contaminare dalle persone che ho incontrato lungo il cammino, ho osservato, imitato, interpretato e fatto mio ogni tesoro in cui mi sono imbattuta.
Era rassicurante guardarmi allo specchio e riconoscermi, ma si sa, siamo esseri mutevoli, in costante trasformazione, e che ci piaccia o no, anche le nostre vite professionali subiscono metamorfosi e stravolgimenti continui. Andiamo avanti veloce di qualche anno ed eccolo lì, il mio personalissimo stravolgimento. È cambiato tutto quando ho perso di vista l’estasi che avevo provato mente ero seduta a quella prima scrivania e ho permesso all’abitudine di far calare una nebbia densa su tutto il resto. E così è arrivato l’autunno.
Ho mollato le redini e ho lasciato che fosse il lavoro ad assumere il controllo: ho iniziato a vivere in affanno, con il terrore di non essere mai all’altezza, mai abbastanza, sempre in difetto, spaventata all’idea di non farcela, di non essere capace di realizzare i sogni della bambina che ero stata. Ho smarrito la mia dimensione, ho perso il senso di quello che facevo ogni giorno e le parole che scrivevo hanno iniziato a sembrarmi vuote. Via la passione, via la visione, via la prospettiva, via tutto. Tabula rasa. Mi sono persa in un luogo sconosciuto, incapace di ritrovare il sentiero che avevo tracciato con tanto impegno.
Ho vagato per un po’ in quel luogo inesplorato, correndo all’impazzata, in preda all’affanno, prima di capire che era giunto il momento di chiedere aiuto. Sfinita, mi sono finalmente seduta e ho aspettato che la nebbia si diradasse. Quando ho ricominciato a distinguere i contorni mi è tornato in mente Costruttori, uno straordinario racconto di Richard Yates (Undici solitudini, minimum fax, traduzione di Maria Lucioni). Ho capito che il mio lavoro con le parole, scritte o tradotte, somiglia un po’ al costruire una casa. Ci vogliono il tetto, le pareti, le fondamenta, e questo è quello che ho fatto in passato. Ho gettato basi solide, ho costruito una casa che mi somigliasse, che mi accogliesse con il camino acceso, e che mi permettesse di aiutare gli altri a trovare le parole giuste. Adesso però è arrivato il momento di chiedermi “Dove sono le finestre? Da dove faccio entrare la luce?”.
Questa newsletter riparte proprio da qui. Da tutte le domande, i drammi, le esplorazioni, i momenti in cui mi sono osservata, studiata e messa in discussione. Momenti che mi hanno portata a decidermi ad aprire le finestre e lasciar entrare la luce.
A 40 anni è troppo tardi per tornare ad assomigliarsi, riscoprire la passione, continuare a migliorare? A 40 anni è troppo tardi per cambiare le cose? Non lo so, ma so di avere voglia di riprendere il controllo, di ricominciare a lavorare tenendo il mio passo, senza correre dietro agli altri, con i loro tempi e i loro sentieri diversi dal mio. Voglio ricominciare a dedicarmi alle parole senza rincorrerle, ma corteggiandole, scegliendole con cura e gentilezza, perché le parole non sono pura forma, ma intenzione, visione, relazione.
È attraverso le parole che voglio rimettermi in movimento, perché non sono un albero, non ho radici, e rivendico il mio diritto alla trasformazione e alla rigenerazione. Voglio sentirmi in divenire e guardare alle infinite possibilità che ho di fronte, voglio esplorare, addentrarmi, sporcarmi le mani. Solo in questo modo potrò camminare al fianco delle persone che sceglieranno di lavorare con me, e potremo percorrere un pezzo di strada insieme decidendo in quale direzione andare, anziché seguire tracce prestabilite e sempre uguali.
Dietro le quinte: cose di lavoro
Non ci sentiamo da un po’, e allora voglio raccontarti alcuni dei progetti a cui ho lavorato negli ultimi mesi.
L’anno è iniziato con una nuova, straordinaria collaborazione: sto aiutando Unobravo, la piattaforma di psicologia online, a portare avanti il suo processo di internazionalizzazione. Dopo la Spagna, Unobravo è approdata anche in Francia, ed è proprio in questa occasione che, in costante collaborazione con project manager, sviluppatori, product manager, marketing manager e con il team clinico, ho avuto l’opportunità di dedicarmi a:
localizzazione del sito web;
localizzazione della web app;
localizzazione della user experience (UX);
localizzazione delle email automatiche inviate dal sistema a psicologi e pazienti;
verifica del rispetto del tono di voce;
monitoraggio dell’uniformità terminologica nei vari touchpoint;
collaborazione con il team clinico per garantire l’adeguatezza delle scelte terminologiche.
Sono stati mesi a dir poco intensi, durante i quali mi sono trovata più e più volte a mettermi alla prova, accettare sfide e imparare cose nuove, ma sono stata accolta in un team fatto di persone competenti e sempre disponibili, di cui sono grata di fare parte.
Ho tradotto Un servizio pazzesco, scritto da Will Guidara, ex proprietario (insieme a Daniel Humm), dell’Eleven Madison Park di New York, che nel 2017 è stato eletto come miglior ristorante al mondo. Il concetto di servizio pazzesco, però, va ben oltre il mondo della ristorazione: si tratta infatti di un modo di essere e di intendere attività di ogni tipo. Ripercorrendo i passi della propria carriera, costellati di trovate sorprendenti e spassosi aneddoti con protagonisti alcuni dei nomi più noti dell’alta cucina, Guidara racconta come oggi ogni azienda possa scegliere di trasformare qualcosa di ordinario in un’esperienza indimenticabile.
Ti sembra di averlo già visto da qualche parte? Se ti è capitato di guardare la serie televisiva The Bear, potresti averlo visto proprio lì: il libro è stato infatti inserito in alcune scene della seconda stagione. Will Guidara ha fornito la propria consulenza agli autori, oltre ad aver scritto e interpretato se stesso nell’episodio finale della terza stagione.
Ho tradotto Lean Marketing, all’interno del quale Allan Dib espone i principi fondamentali del lean thinking, vale a dire il pensiero snello, applicati al mondo del marketing. Durante la fase di traduzione non ho potuto fare a meno di notare, ancora una volta, quanto sia fondamentale l’esperienza maturata nel campo della traduzione specialistica quando mi trovo a tradurre titoli di saggistica.
La capacità di fare ricerche terminologiche mirate e di applicare le scelte compiute in modo uniforme dalla prima all’ultima pagina favorisce non solo la comprensione delle tematiche trattate, che a volte sono distanti anni luce da quelle con cui ho maggiore dimestichezza. Snellisce anche la fase di revisione, sia per me che per il cliente finale, perché permette di ricorrere in ogni momento a uno schema mentale ben preciso.
Forse non lo sai, ma per qualche strana ragione la mia “vocazione” è sempre stata la traduzione in ambito finanziario. Ai tempi dell’università ci ho scritto non una, ma ben due tesi, e da allora la traduzione finanziaria ha rappresentato una percentuale altissima delle traduzioni svolte in ambito specialistico. Traducendo Il fondo, di Rob Copeland, sono finalmente “tornata a casa”.
Si tratta di un ibrido fra un’inchiesta giornalistica sull’hedge fund più grande al mondo e una biografia (non autorizzata), di Ray Dalio, il suo fondatore. In questo caso non ho dovuto concentrarmi sulle ricerche terminologiche, perché i temi trattati mi erano alquanto familiari, e ho quindi potuto godermi la storia di uno degli uomini più discussi del mondo della finanza, riuscendo quasi a immedesimarmi nel ruolo di lettrice privilegiata.
L’angolo delle ispirazioni
Ci hai mai pensato? La traduzione può essere considerata come una forma di trasformazione della materia. Io ne sono convinta: le parole sono materia viva.
In questo articolo, Aditi Machado sostiene che tradurre e cucinare non siano attività poi così diverse tra loro: in entrambi i casi ci si trova a interpretare e riformulare qualcosa di preesistente con i mezzi che si hanno a disposizione, che si tratti di ingredienti o della nostra lingua e delle sue regole ed eccezioni.
Translating and cooking both involve transformative acts of reading and remaking. It’s poesis, pure and simple. Cooking—particularly at home—requires one to make do with whatever is at hand: ingredients in the refrigerator, produce easily available in local stores, items one can afford to buy.
It’s the same with translation: one makes do with the target language’s possibilities and constraints, sometimes squeezing the most out of it in order to recreate a particular effect from the source text. And sometimes you’re very happy with what you squeezed out of it. […]
In the end, I failed at discovering the source of aspic but (re)discovered translation as cooking, eating as meditation, and cooking as a preparation for thought and action. Each process involves the radical transformation of matter, a transformation one might elect to slow all the way down and observe in the flux of its happening.
Per oggi è tutto, grazie per avermi letta fin qui. Se hai voglia di raccontarmi la storia della tua trasformazione, darmi un consiglio o farmi una domanda, rispondi a questa e-mail o scrivimi: ciao@valentinamuccichini.it. Non vedo l’ora di leggerti! Marginalia tornerà a novembre.
A presto,
Sono Valentina Muccichini e il mio superpotere è quello di aiutarti a trovare le parole giuste. Mi occupo di traduzione dal francese e dall’inglese verso l’italiano (in ambito sia tecnico che letterario), UX localization e scrittura (scrivo testi per siti, brochure, descrizioni di prodotti, articoli di blog e tanto altro).
Vuoi scoprire cosa posso fare per te o per il tuo progetto? Raccontami tutto quello che c’è da sapere, non vedo l’ora di scoprirlo. Insieme troveremo le parole perfette per te.