Non so quando è successo di preciso, ma un bel giorno ho iniziato a usare le parole solo per lavoro. Traduzioni da consegnare, testi da scrivere, e-mail a cui rispondere: ho iniziato a concentrarmi sulle parole degli altri dimenticando le mie chiuse in un cassetto buio. Si sono raggomitolate, si sono strette tra loro per non sentire freddo e sono rimaste lì.
Quando ho provato a sbirciare dentro a quel cassetto le ho trovate assopite, ma io avevo tanta voglia di ricominciare a usarle per condividere, connettere, creare, conoscere, costruire ponti, contaminare. Insomma, a forza di parlare per gli altri, è successo che mi sono persa la voce per strada.
Ora però lo sento che qualcosa è cambiato: le idee hanno ricominciato a frizzare, scalpitano, fremono, scoppiettano. Ho bisogno di srotolare le parole, tirarle fuori dalla testa, farle scivolare giù per le braccia, fargli attraversare le dita, godermi il formicolio, giù fino alla tastiera e ogni tanto anche fino alla penna, liberarle su una pagina bianca per osservarle meglio, non lasciarle fermentare in testa, dove ogni tanto si trasformano in mostri spaventosi.
Perché un’altra newsletter?
Perché no? Qualche settimana fa ho partecipato a Una stanza tutta per te, la masterclass di Valentina Aversano sulle newsletter. Lei è bravissima a illuminare le strade degli altri, a indicarti la strada e anche a farti ritrovare quando ti senti persa. E allora sai cos’è successo? Quando ha detto “facciamolo succedere” mi ha fatto venire voglia di farlo succedere davvero. Di prendermi uno spazio, trovarmi una stanza, riempirla di parole e stare a guardare cosa succede godendomi il cammino e tutto quello che porterà con sé. Il rumore di fondo è fortissimo, pieno di voci che mi dicono di non farlo, che tanto non importerà a nessuno, ma ho deciso di infilare le cuffie e ignorarlo. Preferisco avere la musica nelle orecchie.
Marginalia sarà la mia newsletter fatta di parole, la raccolta delle mie “note a margine” sul mio lavoro con le parole, appunto, ma anche sui miei interessi, le mie letture, le contaminazioni che verranno a bussare alla mia porta, le ispirazioni.
Questo spazio sarà un luogo di scrittura come rielaborazione del pensiero, perché sono convinta che attraverso la scrittura si riesca a capire meglio le cose, osservarle da fuori, lasciarle prendere aria, studiarle sotto una luce tutta nuova. Sono convinta che la scrittura sia in grado di far avvicinare le persone, ed è proprio questo l’obiettivo che vorrei raggiungere: lasciarti entrare in questa mia stanza fatta di parole, accomodarci sul divano, sdraiarci sul tappeto, ma anche sederci a terra con le gambe incrociate se lo preferisci, e iniziare a chiacchierare, raccontarci, ascoltarci.
In origine i marginalia erano annotazioni che venivano inserite nei libri e nei codici antichi come segno di una lettura sistematica. Nel mio caso invece non avranno direttamente a che fare con la lettura, o almeno non sempre, ma saranno una forma di immersione attiva nel mio mondo fatto di parole.
In uno dei suoi articoli, il giornalista Sam Anderson scrive che tra il 1700 e il 1820 i marginalia hanno assunto un carattere particolarmente “sociale”: le persone li sfruttavano per commentare i libri che leggevano, per poi donarli ai propri amici o alle persone amate, tracciando per loro un percorso che lasciasse trasparire la loro visione del mondo così da dare vita a una conversazione, a uno scambio di idee e di punti di vista. Insomma, mi auguro che queste mie note a margine possano lasciare spazio alla condivisione, al dialogo, che possano fiorire e trasformarsi, diffondere bellezza. È proprio giunto il momento di tirarle fuori dal cassetto, quelle parole.
📖 Cosa sto leggendo
Mentre traduco libri non riesco a leggere altro, ho paura di “avvelenare” le pagine a cui sto lavorando con uno stile che non gli appartiene. Ogni volta mi tocca ricominciare piano piano, reimparando quasi a godermi le frasi che mi aspettano già pronte sulla pagina senza il bisogno di essere filtrate. È come se ogni libro letto dopo un periodo di pausa mi facesse riscoprire il piacere della lettura. Stavolta ho scelto di ricominciare con Yoga (traduzione di Lorenza di Lella e Francesca Scala), di Emmanuel Carrère, un autore del cuore, uno di quelli che quando li leggi ti fanno sentire a casa, compresa. Uno di quelli che ti fanno pensare “ecco come mi sentivo, è solo che non riuscivo a spiegarlo”, e alla fine li devi anche ringraziare. Grazie Emmanuel.
È questo il tenore dei pensieri che attraversano il campo della mia coscienza come gli uccelli attraversano il cielo. Pensieri pacati, sereni, in armonia con il cielo grigio e piovoso. In questi pensieri c'è una sorta di appagamento, ma anche un po' di tristezza perché mi rendo conto che qualcosa di meraviglioso mi sarà per sempre precluso. I momenti di tranquillità come questo, momenti che potrebbero essere di contemplazione, momenti che potrei vivere e basta, non riesco mai veramente a viverli nel presente, a viverli e basta, perché subito si manifesta il bisogno di trasformarli in parole. Non ho accesso diretto all'esperienza, devo sempre rivestirla di parole. Non dico che sia un male. È la mia ragion d'essere sulla terra ed è una grande fortuna, non ho intenzione di lagnarmi perché ho quel che si dice una vocazione. Come sarebbe bello, però, come sarebbe riposante, che immenso progresso sarebbe comporre meno frasi e vedere di più. Vedere le cose come sono invece che appiccicarci sopra quell'accumulo di chiose, prolisse, faziose e piene di condizionamenti che produciamo senza sosta e senza neppure rendercene conto. È una vera rottura, questo meschino cicaleccio interiore. Una rottura e un rammarico.
Sto finalmente leggendo anche Scrivi e lascia vivere, di Valentina Di Michele, Andrea Fiacchi e Alice Orrù. Ne leggo un pezzettino alla volta per assimilare il più possibile i tanti tesori che racchiude, seguire gli spunti, darmi il tempo di fare mio un modo diverso e necessario di comunicare. Sia quando traduco che quando scrivo per lavoro, ma anche per me stessa, cerco sempre di ricordarmi che a leggermi ci saranno persone diversissime tra loro, e mi impegno per rispettarle. A volte continuo a sbagliare in modo inconsapevole, ma credo che anche solo ragionare su temi simili sia una fonte costante di riflessione e che lasci spazio a un certo margine di miglioramento. Quello che dice Valentina Di Michele nell’introduzione è vero:
Fermarci a riflettere sul linguaggio che usiamo ci aiuta a dare un significato consapevole alle parole, a misurare l’impatto che hanno sulla realtà
💡 Contaminazioni
Sono passati quasi quattro anni da quando ho tradotto questo articolo per la rivista online Grafias. L’articolo originale di Jonathan Gibbs raccontava alcune forme di marginalia in letteratura, citando autori come Ben Lerner, Maggie Nelson, Geoff Dyer, David Foster Wallace e altri. Forse è iniziato tutto da quell’articolo e ancora non ne avevo idea.
✒️ Ultime dal blog
Per oggi è tutto, grazie per avermi letta e per aver dato fiducia a questo progetto. Per me significa molto.
Hai voglia di dirmi la tua, darmi un consiglio o farmi una domanda? Rispondi a questa e-mail o scrivimi: ciao@valentinamuccichini.it. Marginalia tornerà a maggio.
A presto,
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